lunedì 23 febbraio 2009

Il Mercoledì delle Ceneri

Con Mercoledì prossimo ha inizio la Quaresima.

Il Mercoledì delle Ceneri Giorno di Digiuno e penitenza, la Santa Messa verrà celebrata alle 8.30, alle 17.30 (sono invita-ti i bambini con le famiglie) e alle 18.30

Venerdì alle 17.00 (come ogni venerdì di Quaresima) ci sarà la Via Crucis e, alle 21.00, la catechesi per gli adulti

QUARESIMA 2009

QUARESIMA 2009


Con la Quaresima, entriamo nel cuore della nostra vita liturgica e di fede. Il punto di arrivo sarà la celebrazione della passione, morte e resurrezione di Gesù.
A questo evento, che viene riattualizzato con la celebrazione della Pasqua dobbiamo prepararci con il cammino di fede che la Liturgia ci propone. Non celebreremo il ricordo della Pasqua, ma vivremo la Pasqua del Signore e la nostra Pasqua: il nostro passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia. Per questo la quaresima è un tempo in cui siamo invitati a cercare e trovare Dio, cercare e trovare gli altri, cercare e trovare noi stessi.
E' tempo di preghiera, e tempo di digiuno, e' tempo di conversione, e' tempo di penitenza, e' tempo di carità.
Credo che per la nostra comunità uno degli aspetti che più dobbiamo sottolineare debba essere la preghiera: dice il Signore: "Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà." Non dovrebbe passare giorno in cui non abbiamo passato un po' del nostro tempo con Dio. Stare con Lui significa ascoltarlo, verificare la nostra vita, trovare la forza per operare il bene, invocarlo nei momenti di smarrimento.
Preghiera personale: le occasioni dobbiamo cercarcele, dobbiamo progettarcele. Saperci fermare e nella turbolenta vita di ogni giorno saper stare almeno cinque minuti con Dio. Sembrano pochi, cinque minuti, ma se non ci organizziamo, non riusciamo a trovare neppure quelli.
Sarà il momento della Preghiera in famiglia. La sera, quando finalmente si è riuniti a cena, sarà bello ringraziare il Signore per quanto ci ha dato, e camminare spiritualmente insieme verso la Celebrazione del Signore Risorto con una semplice e breve preghiera
Preghiera comunitaria: deve diventare in questo periodo più intensa.
La domenica, giorno del Signore, scandirà i passi del nostro cammino: la Parola di Dio che ascolteremo ci proporrà gli obiettivi da raggiungere ed il pane eucaristico che riceveremo ci sarà di sostegno nel nostro impegno. Sempre, ma soprattutto in questo periodo, dovremo partecipare alla Messa. Molte volte presi da tanti impegni, da tanti lavori, la tralasciamo. Il Signore viene sempre dopo tutte le altre cose. Non è giusto nei suoi confronti.
Ogni giorno c’è la possibilità partecipare alla Messa: la mattina alle 8.30 o il pomeriggio alle 17.30.
Il Venerdì, poi, sarà un giorno particolare per la preghiera. Alle 17.00, prima della Messa, faremo La Via Crucis.
Tempo di penitenza: prepariamoci e celebriamo il sacramento della Riconciliazione, la Confessione. Se non siamo capaci, facciamoci aiutare e troviamo in questo tempo il momento adatto per ricevere la grazia del Perdono del Signore
Il digiuno serve per chiedere a Dio, il dono della pace, essere essenziali, rinunciare a quanto è superfluo ed aiutare nella carità chi si trova in necessità. Ci sono persone che vivono ai limiti della tollerabilità di una vita decente, anche accanto a noi. Per questo si propone che il frutto del digiuno (i soldi che non abbiamo consumati per il superfluo) possano esser devoluti per le necessità dei chi ha bisogno. Ognuno sa i modi per poter far questo.
All’entrata della Chiesa c’è una case dove si raccolgono le offerte specificatamente per la carità. Tutto quanto versato in essa servirà per la ‘Carità’ verso i poveri e dato alla Caritas Diocesana.
Ci auguriamo di poter vivere e non subire questa Quaresima: lasciamo che il Signore entri nel nostro cuore, nella nostra famiglia, nel nostro rione. A Lui che ci dona la Vita, diamo un po’ del nostro tempo per poter vivere, insieme con Lui, la nostra Resurrezione.
Don Giuseppe, parroco.

venerdì 20 febbraio 2009

VII DOMENICA ORD – B da don Franco

Prima Lettura Is 43,18-19.21-22.24b-25

Dal libro del profeta Isaia
Così dice il Signore:
«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi.
Invece tu non mi hai invocato, o Giacobbe;
anzi ti sei stancato di me, o Israele.
Tu mi hai dato molestia con ì peccati,
mi hai stancato con le tue iniquità.
Io, io cancello i tuoi misfatti
per amore di me stesso,
e non ricordo più i tuoi peccati».

Salmo Responsoriale Dal Salmo 40

Rinnovaci, Signore, col tuo perdono

Beato l'uomo che ha cura del debole:
nel giorno della sventura il Signore lo libera.
Il Signore veglierà su di lui,
lo farà vivere beato sulla terra,
non lo abbandonerà in preda ai nemici.

Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore;
tu lo assisti quando giace ammalato.
Io ho detto: «Pietà di me, Signore,
guariscimi: contro di te ho peccato».

Per la mia integrità tu mi sostieni
e mi fai stare alla tua presenza per sempre.
Sia benedetto il Signore, Dio d'Israele,
da sempre e per sempre. Amen, amen.

Seconda Lettura 2 Cor 1, 18-22

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è «sì» e «no». Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu «sì» e «no», ma in lui vi fu il «sì». Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono «sì». Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria.
È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l'unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori.

Vangelo Mc 2, 1-12

Dal vangelo secondo Marco
Gesù entrò di nuovo a Cafarnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un'apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».
Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pen-savano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico "Ti sono perdonati i peccati", oppure dire "Alzati, prendi la tua barella e cammina"? Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: alzati, prendi la tua barella e va' a casa tua».
Quello si alzò e subito prese la sua barella e sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meraviglia-rono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».


Dovevano portarlo in quattro.
Il paralitico non può muoversi da solo.
Però pure quelli che stanno davanti alla porta sono come paralitici, nessuno si muove né si degna di con-cedergli un varco.
Viene da chiedersi: È più grave la paralisi del corpo o quella dello spirito?
Per completare l’accenno, sempre così essenziale di Marco, possiamo immaginare i commenti:
Mo che vuole questo? Pretende di ascoltare Gesù che annunciava loro la Parola. Ma che può capire, lui, un peccatore? Se è così malato certo Dio lo ha punito per qualche peccato! Suo o della sua famiglia. E quanto posto occupa? Io non mi muovo. Non c’è posto per lui.
(Ricordate? «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». 3 Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. (Giov 9, 3)).

Una signora venne a lamentarsi perché un uomo in carrozzella chiedeva l’elemosina alla porta della chie-sa, in via del Corso, e diceva: “che brutto, tutti questi poveri, … al centro di Roma! Bisognerebbe mandarli in periferia!”
O che pensereste di quei ragazzi, che vedendo salire sul bus un disabile, non gli cedessero il posto a sede-re, anzi facessero delle battute sulle sue anomalie?
La situazione doveva essere proprio così alla porta di quella casa. Infatti, erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro … ma nessuno di muove …

Marco ha già fatto capire da che parte sta, e chi sono i veri peccatori, sempre pronti al giudizio sugli altri; giudizio perentorio e inappellabile non solo sul paralitico e i quattro, ma anche su Gesù; tutti arroccati nelle loro sicurezze “non negoziabili”.
Che potranno pensare quando Gesù dirà «Figlio, ti sono perdonati i peccati»?
Brutalmente disarcionati, non capiranno niente. Per loro il perdono dei peccati è solo quello che Dio concede nel giorno del Kippur: gesti, riti e preghiere ben classificati della liturgia ebraica.
Il comportamento di Gesù è novità assoluta:
• non è vero che il paralitico è così perché punito da Dio;
• è invece strumento di un annuncio di vita nuova che solo Dio può dare; Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?
• questa nuova vita è donata per mezzo di Gesù;
• i veri peccatori sono quelli che non hanno permesso al paralitico di entrare.
• esiste il potere di perdonare i peccati sulla terra.
• Tutto viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il mini-stero della riconciliazione. (2 Cor 5,18)

Non è più così chiaro il modo con cui questo perdono si può celebrare nella Chiesa, e in che mo-do essa è erede di quella facoltà di Gesù.
Un po’ di storia della Liturgia ci fa comprendere quanto faticoso sia stato nei secoli il cammino della Chiesa per attualizzare questo potere di perdonare i peccati sulla terra.
Forma e riti della celebrazione si sono evoluti attraverso i secoli.
L’ultimo documento per l’attuazione del RITO DELLA PENITENZA riformato a norma dei de-creti del Concilio Ecumenico Vaticano II e promulgato da Papa Paolo VI, porta la data dell’8 marzo 1974.

Ma non ci sono i penitenti, e chi vuole celebrare la Riconciliazione in genere lo fa altrove.

Ma cosa è successo nella pratica del sacramento della Riconciliazione, che dovrebbe riprodurre per noi quello che Gesù fece col paralitico?
Dobbiamo riconoscere che la Confessione (Riconciliazione) in pochissimi anni è colata veloce-mente a picco.
Un crollo improvviso di fede, la poca disponibilità dei sacerdoti, la mancanza di tempo nella no-stra vita frenetica, una sfiducia nella Chiesa?
O un segno dello Spirito che ci interroga su come stiamo vivendo il sacramento del perdono dei peccati?

Forse l’Istituzione Chiesa si è identificata più con codici giuridici, che con lo spirito del Vangelo, troppo schierata con quelli che giudicano le intenzioni, affermano principi morali, sono sicuri delle proprie decisioni e severi con gli altri?

Come ritrovare l’umiltà e l’autorità di Gesù che comprende e non condanna, anzi che mette ele-gantemente sotto accusa l’atteggiamento degli scribi? Lo spirito di Gesù ha altre strade.


Ma quei quattro scatenati sono decisi ad arrivare da Gesù a qualunque costo. Forse si aspettano la guarigione, come il lebbroso di domenica scorsa, ma non è detto esplicitamente. Il paralitico in tutta la vicenda non dice nemmeno una parola; è guarito per la fede dei suoi amici.
Forse questa pagina del Vangelo vuole sottolineare il ruolo della comunità nell’itinerario del perdono.

Fantastica e commovente l’idea di farlo calare dal tetto. Indica l’intraprendenza della fede dei quattro più che la realtà, l’utopia che Marco approva e incoraggia. Nessuna difficoltà potrà scorag-giarli.

Ed ecco che Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».
Commuove e dà fiducia questo Gesù che guarda in faccia quegli uomini e vede la loro fede inte-riore; nel paralitico vede l’uomo, l’ immagine e somiglianza di Dio, da ricostruire, nel corpo e nello spirito.
Attraverso il corpo raggiunge tutto l’uomo.
Subito Gesù si mette dalla sua parte, dalla parte dei peccatori. Forse essi lo sono pure, ma stanno cercando guarigione, del corpo e dello spirito.
Già al Battesimo di Giovanni, Gesù si era messo dalla parte dei peccatori, si era mischiato con loro per farsi battezzare da lui. Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Io ho bisogno di es-sere battezzato da te e tu vieni da me?».
Ma Gesù gli disse: «Lascia fare per ora, poiché conviene che così adempiamo ogni giustizia». (Mt 3, 14-15)
La nostra mente va istintivamente anche a quell’altro racconto del capitolo ottavo di Giovanni:
«Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E chinatosi di nuovo, scri-veva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più». (Giov 8, 7-11)
Gesù ha ribaltato la situazione. Ora i colpevoli sono quelli che pretendevano di accusare.

Non abbiamo fretta di identificare questi Vangeli con la “Riconciliazione”, come la conosciamo noi ora; certo però ci suggeriscono serie riflessioni per uscire da una prassi spesso frettolosa, super-ficiale e individualistica.
Sentiamo sinceramente che siamo peccatori, bisognosi della fede di quei quattro, cerchiamo la serenità del perdono di Dio e dei fratelli che abbiamo offeso, e siamo alla ricerca di quello che Gesù farebbe oggi per assicurarci il perdono e la forza di riprendere il cammino nella sua Chiesa.

Prove Tecniche a Piazza del Popolo

E' quasi notte fonda, almeno per me (21.30) sento rulli di tamburo. Mi affaccio alla finestra. Un fascio di luce verde davanti ai miei occhi. Ma che sarà? Seguo la lunga linea tracciata nel vuoto, sospesa su via del Corso. Parte da Piazza del Popolo e raggiunge il Vittoriano.... ma che sarà?
UFO?

martedì 17 febbraio 2009

Immagini di san Giacomo

























Altre immagini con spiegazione dettagliata si possono trovare qui

Preghiera a San Giacomo



 
Giacomo, detto il Maggiore (per distinguerlo dall'omonimo apostolo detto il Minore), figlio di Zebedeo e Maria Sàlome e fratello dall'apostolo Giovanni, nacque a Betsàida. Fu presente ai principali miracoli del Signore (Mc. 5,37), alla Trasfigurazione di Gesù sul Tabor (Mt. 17,1.) e al Getsémani alla vigilia della Passione. Pronto e impetuoso di carattere, come il fratello, con lui viene soprannominato da Gesù "Boànerghes" (figli del tuono) (Mc. 3,17; Lc. 9,52-56). Primo tra gli apostoli, fu martirizzato con la decapitazione in Gerusalemme verso l'anno 43/44 per ordine di Erode Agrippa. È venerato soprattutto in Spagna a Compostella, dove è sepolto e dove sorge la celebre basilica a lui dedicata.
PREGHIERA
Al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, amore infinito, presenza misteriosa e reale, rendiamo grazie per averci donato la Chiesa, feconda di grazia e di santità, e in essa S. Giacomo. O Apostolo di Cristo, facci sentire la gioia di saper pronunciare un si generoso e totale alla chiamata del Signore, così come tu fosti disposto a lasciare tutto, dopo aver ascoltato la voce del Maestro che ti diceva: seguimi! Contemplativo del Signore, prescelto insieme a Pietro e Giovanni ad essere partecipe alla Trasfigurazione di Gesù sul Tabor, dona anche a noi occhi trasfigurati che non vedano "se non Gesù solo" e, pieni di stupore e di adorazione, aiutaci a fare di Dio l'Assoluto della nostra vita. Figlio del tuono, donaci la tua audacia e la tua prontezza nel corrispondere con fedeltà al credo che professiamo, sino a fare della nostra vita un dono per Dio e per i fratelli senza riserve e per sempre. Trasformaci in testimoni di Cristo, credibili fino in fondo, anche quando le ferite del vivere scavano dentro di noi solchi di dolore e sfiducia. Amico di Dio, raccogli il pentimento per i nostri errori ed i nostri peccati, aiutaci a presentarlo al Padre della misericordia, perché graziati dal Signore diventiamo uomini nuovi, capaci di amare sul serio perfino i nostri nemici. Fratello maggiore, sii accanto a noi e sostienici mentre cerchiamo di fare un'esperienza profonda della paternità divina; così ci sentiremo "figli nel Figlio" e un giorno, con tutti i santi, concittadini del Cielo. Amen.

Santiago

Santiago (ballata ingenua)
di Giovanni Mascia


Vincenzo Colledanchise e Giovanni Grosso sono partiti i primi giorni di settembre per Santiago de Compostela. Certo non hanno affrontato l’intero tragitto a piedi, come si faceva nei secoli passati (sarebbero occorsi mesi); ma lasciato l’autobus a qualche centinaia di chilometri di distanza dal celeberrimo santuario spagnolo, lo hanno raggiunto comunque a piedi, rispettando la tradizione, dopo alcuni giorni di cammino.
Idealmente mi sono immaginatoo insieme a loro. E allora mi è piaciuto tradurre una ballata di Federico Garcia Lorca, dedicata proprio a Santiago, ovvero a San Giacomo Maggiore, l’apostolo, al venerato Santiago Matamoros degli spagnoli, al Santo che con i suoi ripetuti, miracolosi interventi nella lotta contro i Mori, favorì la sconfitta degli Arabi e impedì loro la conquista della Spagna e quindi dell’Europa cristiana.
La ballata spagnola è molto bella e, direi, universale. Ogni popolo ha il suo Santiago. Ogni più sperduto villaggio ha leggende simili.
Una ultima annotazione, la notte di Santiago, è la notte che precede la festa del 25 luglio. In piena estate. La fantasia popolare identificava il celeste cammino del santo guerriero con la Via Lattea, detta appunto il "Cammino di Santiago". Ma purtroppo lo spettacolo incomparabile del cielo stellato che è alla base della credenza e della lirica lorchiana è sempre più difficile da godere nei nostri tempi e rimane sostanzialmente sconosciuto alle nuove generazioni.

SANTIAGO
(Ballata ingenua)



I

Questa notte è passato Santiago
su un sentiero di luce nel cielo.
Lo raccontano i bimbi giocando
sulle rive del fiume sereno.

Dove va il pellegrino celeste
per il chiaro infinito sentiero?
Verso l’alba che brilla là in fondo
su un cavallo di candido gelo.

Bimbi, bimbi, cantate nel prato
con le risa che fendono il vento!

Dice un uomo che ha visto Santiago
capeggiare duecento guerrieri
in cammino, coperti di luce,
con azzurre ghirlande di stelle,
e il cavallo che monta Santiago
era un astro d’intenso splendore.

Dice l’uomo che narra la Storia
che s’udì nella notte assopita
il fruscio argentino delle ali
che il silenzio portò via sulle onde.

Chi sbarrò la pïena del fiume?
Erano angeli quei cavalieri.

Bimbi, bimbi, cantate nel prato
con le risa che fendono il vento!

Era notte di luna calante.
Ascoltate! Si sente nel cielo
che rinforzano i grilli le corde
mentre abbaiano i cani randagi.

“Nonna, nonna, dov’è quel sentiero?
Nonna, nonna, perché non lo vedo?”.

“Guarda bene e vedrai una cinta
di farina, di polvere spessa,
una macchia che sembra d’argento,
madreperla… La vedi?”. “La vedo!”.

“Nonna, nonna, e dov’è Santïago?”.
“Ma cavalca lassù col corteo,
con la testa adornata di piume
e di perle finissime il corpo,
con la luna prostrata ai suoi piedi,
con il sole nascosto nel petto”.

Nella piana stanotte riecheggia
il racconto intessuto di nebbia.

Bimbi, bimbi, cantate nel prato
con le risa che fendono il vento!


II

Una povera vecchia che vive
nella parte più alta del paese
e possiede una rocca fuori uso,
una Vergine e due gatti neri,
mentre cuce la rozza calzetta
con le dita risecche e tremanti,
circondata da buone comari
e da bimbi sporchi e birichini,
nella pace della notte quieta
(le montagne perdute nel buio),
con tranquille parole racconta
la visione che un tempo le apparve.

Ella vide, una notte lontana,
così senza rumore né vento,
in persona l’apostolo santo,
pellegrino nei campi del cielo.

“E comare, com’era vestito?”
le domandano insieme due voci.

“Con bordone di perle e smeraldi ,
con la veste di fine velluto.

Quando fu qui davanti alla porta
le colombe distesero le ali
mentre il cane che stava dormendo
gli andò dietro, leccandogli i piedi.
Era dolce l’apostolo santo,
ancor più della luna a gennaio.
Il suo passo lasciò sul sentiero
un odore di giglio e d’incenso”.

“E comare, non ti disse niente?”
le domandano insieme due voci.

“Mi guardò sorridendo, passando,
e una stella mi diede qui dentro”.

“Quella stella dove la conservi?”
le domanda uno dei birichini.

“E si è spenta?” domandano gli altri
“come cosa di un sortilegio?”.

“Figli miei, la stella risplende,
la conservo ben chiusa nel cuore”.

“Come sono le stelle qui in terra?”.
“Figlio mio, così come in cielo”.

“Su continua, su, vecchia comare.
Dove andava il glorioso viandante?”.

“Si è perduto per quelle montagne
con le bianche colombe e il cane,
però piena lasciò la mia casa
di garofani e di gelsomini;
maturarono i grappoli verdi
della pergola e il mio granaio
trovai pieno il mattino seguente.
Tutto grazie all’apostolo buono”.

“Che fortuna che avesti, comare!”
si rallegrano insieme due voci.

I bambini son già addormentati,
nel silenzio sprofondano i campi.

Bimbi, bimbi, pensate a Santiago
per le strade nebbiose del sogno!

Notte limpida di fine luglio!
È passato Santiago nel cielo!

La tristezza dell’anima mia
lungo il bianco cammino la lascio
per veder se la incontrano i bimbi
e la immergono a fondo nell’acqua,
per veder nella notte stellata
se lontana la portano i venti.

25 luglio 1918, Fuente Vacqueros, Granada
(dal Libro de poemas, di Federico Garzia Lorca 1898-1936)

lunedì 16 febbraio 2009

PREGHIERA DI GIOVANNI PAOLO II DINANZI ALLA TOMBA DI SAN GIACOMO


Santiago de Compostela (Spagna) - Sabato, 19 agosto 1989


San Giacomo!

Sono qui, nuovamente, presso il tuo sepolcro al quale mi avvicino oggi, pellegrino da tutte le strade del mondo, per onorare la tua memoria ed implorare la tua protezione.


Giungo dalla Roma luminosa e perenne, fino a te che ti sei fatto pellegrino sulle orme di Cristo ed hai portato il suo nome e la sua voce fino a questo confine dell’universo. Vengo dai luoghi di Pietro e, quale suo successore, porto a te che sei con lui colonna della Chiesa, l’abbraccio fraterno che viene dai secoli ed il canto che risuona fermo ed apostolico nella cattolicità.


Viene con me, san Giacomo, un immenso fiume giovanile nato dalle sorgenti di tutti i paesi della terra. Qui lo trovi, unito e sereno alla tua presenza, ansioso di rinnovare la sua fede nell’esempio vibrante della tua vita. Veniamo a questa soglia benedetta in animato pellegrinaggio.


Veniamo immersi in questo copioso esercito che sin dalle viscere dei secoli è venuto portando le genti fino a questa Compostela dove tu sei pellegrino ed ospite, apostolo e patrono. E giungiamo qui al tuo cospetto perché andiamo uniti nel cammino. Camminiamo verso la fine di un millennio che desideriamo sigillare con il sigillo di Cristo.


Camminiamo ancora oltre, verso l’inizio di un millennio nuovo che desideriamo aprire nel nome di Dio. San Giacomo, abbiamo bisogno per il nostro pellegrinaggio del tuo ardore e del tuo coraggio. Per questo veniamo a chiederteli fino a questo “finisterrae” delle tue imprese apostoliche.



Insegnaci, Apostolo ed amico del Signore, la via che porta a lui. Aprici, predicatore delle Spagne, alla verità che hai imparato dalle labbra del Maestro. Dacci, testimone del Vangelo, la forza di amare sempre la vita.



Mettiti tu, patrono dei pellegrini, alla testa del nostro pellegrinaggio di cristiani e di giovani. E come i popoli all’epoca camminarono verso di te, vieni tu in pellegrinaggio con noi incontro a tutti i popoli.



Con te, san Giacomo apostolo e pellegrino, desideriamo insegnare alle genti d’Europa e del mondo che Cristo è - oggi e sempre - la via, la verità e la vita.

Cappella San Giacomo

Da molti anni la parrocchia ospita ed usufruisce del bellissimo servizio della Cappella San Giacomo, diretta ed organizzata dal bravissimo Maestro Flavio Colusso, sempre coadiuvato dalla sempre presente moglie Silvia.
Sopratutto nei momenti liturgici importanti la loro presenza aiutano tutti noi a pregare ed elevare lo spirito.
La notte di Natale, la celebrazione di Tutti i Santi, l'Immacolata e Primi Vespri di alcune solennità, sono i momenti in cui la presenza della Cappella caratterizza il momento liturgico che si sta vivendo.
La domenica pomeriggio con l'alternanza di ottimi organisti, sono presenti alla messa delle 17.30, ma soprattutto il loro sforzo nella nostra parrocchia si concentra nel triduo e festa di San Giacomo il 25 luglio.
Il video allegato rappresenta proprio uno dei momenti del Triduo della festa del Santo Patrono.

Opere d'arte su San Giacomo in Affidamento alla nostra Chiesa

All'interno dell'Ospedale era conservata una splendida statua di età tardo medievale (sec. XIV-XV) di rara bellezza. Era situata al termine dell'atrio che porta da un lato agli alloggi dei medici e dei cappellani e dall'altro all''Ufficio Tecnico.
Nel periodo di smobilitazione e confusione del Nosocomio, la sopraintendenza alle Belle Arti, su interessamento della Dottoressa Capriotti, ha voluto affidare in custodia temporanea questa statua alla Parrocchia di San Giacomo, assieme ad una bellissima tela del '600 conservata nella sacrestia della Cappella Santa Maria Porta Paradisi.

La statua è di una bellezza austera. Ad altezza naturale, si presenta con la durezza delle sculture medioevali che fanno molto pensare allo stile di 'Arnolfio di Cambio' anhe se certamente è di età di molto posteriore.
E' stata posta nella parte anteriore destra della basilica, appoggiata al pavimento senza una base, che, se da un lato ne sminuisce la visibilità, dall'altro avvicina l'opera al visitatore che può ammirarla con calma nei suoi minimi particolari.



In realtà guardandola non può sfuggire che il baricentro è spostato in avanti: segno evidente della sua prima collocazione in una nicchia o basamento alto che avesse potuto mostrare meglio la fattezza.
La scultura presenta la consueta iconografia Jacopea. Volto simile al Cristo con capelli lunghi e barba, bastone del pellegrino, conciglia e libro in mano.
Il volto molto duro appare più di un 'Guardiano della fede' o 'Cavaliere', che quello di un Santo. Sembra quasi irato (certo qualcosa avrebbe da dire Giacomo 'Il Maggiore', per la chiusura dell'Ospedale).

Il bastone sembra più una spada, e gli abiti che indossa ben curati nei minimi particolari, più che luturgici, sembrano vesti da indossare sotto l'armatura.


Vale la pena ammirare questa opera che ai pù sfugge entrando in chiesa, per la sua infelice collocazione. Anche perchè la sua collocazione provvisoria permette di potersi avvicinare in modo tangibile ed unico.

Nell'ultima cappella di destra è stato posta la grande tela di oltre tre metri, rafficurante San Giacomo. Sicuramente dei primi del '600 è stata dipinta al termine della costruzione della Chiesa consacrata nel 1602 e rappresenta il Santo con alle spalle la Basilica l'Ospedale e l'immagine della Madonna dei Miracoli.
Molto probabilmente proprio all'interno di questo edificio era situata la sua prima collocazione e solo in seguito fu conservato nella sacrestia della cappella Santa Maria Porta Paradisi.