giovedì 4 giugno 2009

Convegno diocesano

La settimana scorsa si è concluso il convegno Diocesano che ha avuto per titolo: APPARTENENZA ECCLESIALE E CORRESPONSABILITA' PASTORALE

Si è dato un sussidio che si può scaricare qui integralmente:
Anche noi ci siamo riuniti per sispondere a queste domande:


- Quanto questa visione della Chiesa, tutta ministeriale, è entrata nella coscienza della nostra
comunità, così da costituire la direttrice ideale a cui ispiriamo costantemente l’azione pastorale?
Il termine “ministerialità” va inteso non in senso “liturgico” (di ministeri istituiti o servizio all’altare), ma in quello più ampio di apostolato, cioè di servizio e di corresponsabilità nei confronti della comunità ecclesiale e sociale?

- Quali modalità e proposte hanno favorito la corresponsabilità dei laici alla vita della
comunità ecclesiale?
- La nostra comunità è percepita da chi vi si accosta come una comunità accogliente, in
grado di mettere a proprio agio ogni persona attraverso il rispetto, l’interesse, l’ascolto, e
riuscendo a coinvolgerla?
- Dopo la missione cittadina, la vita della città e dei suoi ambienti socio-culturali costitui-
scono un riferimento costante per l’azione pastorale della nostra comunità ecclesiale?
- Abbiamo messo in atto concrete esperienze di pastorale integrata, capaci di favorire la
comunione ecclesiale e la maturazione di una maggiore sensibilità storica dei cristiani?
- Gli itinerari di fede che proponiamo aiutano a maturare la mentalità di discepoli di Gesù
e di testimoni della sua Parola? La predicazione domenicale riesce ad illuminare la vita
con la luce della Parola?
- La Parola di Dio è alimento normale della vita cristiana? Quali iniziative bibliche sono
più praticate?
- In che modo i consacrati fanno rifluire la ricchezza dei loro carismi nella vita della nostra
comunità?
- La consapevolezza dell’apostolato che scaturisce dal battesimo porta la nostra comunità
ed i singoli credenti a testimoniare la fede negli ambienti extra-ecclesiali (scuola, univer-
sità, lavoro, impegno caritativo, ospedali e case di cura…)?
- Le problematiche legate all’immigrazione impegnano oggi la Chiesa. Verso gli immigrati
cattolici esistono esperienze di una loro interazione nella nostra comunità? E verso gli immi-
grati non cattolici come è percepito l’impegno di integrazione e di evangelizzazione?

In seguito all'incontro abbiamo presentato una sintesi che a nome mio ho inviato all'ufficio preposto del vicariato:

Premetto che da poco di più di de anni sono Parroco di questa realtà che, per molti versi, per me è stata nuova e molto diversa da quello che è stata la mia storia personale e sacerdotale. Ho cercato soprattutto di osservare, ascoltare e cercare di adattarmi spiritualmente e psicologicamente alle esigenze del territorio in cui ero stato chiamato come Pastore.

Parto anzitutto dalle riflessioni che sono scaturite dalla riunione che nei primi giorni di Aprile abbiamo fatto con quello che considero ‘Consiglio Pastorale di fatto’, non avendone trovato uno istituito. Una decina di persone che, sia ora, che nel tempo, sono, o sono state collaboratrici, nella azione pastorale della Parrocchia.

Alle domande è stata data una risposta in modo globale e quanto è emerso è la consapevolezza che il Progetto che scaturisce dallo schema proposto è molto impegnativo. Si può certo notare la peculiarità di una Parrocchia del Centro storico che, a prima vista può sembrare diversa e meno coinvolgente comunitariamente, dell’esperienza che si vive nelle parrocchie di periferia.

La consapevolezza comunitaria, purtroppo, in questa Parrocchia è stata legata alle attività e alla personalità del Parroco, che venendo meno, perché sostituito, ha sempre fatto ricominciare tutto daccapo.

In passato, specie durante il periodo della missione cittadina, c’è stato un certo fermento nella conoscenza del territorio. Si era arrivati a dare opportunità di incontri, di preghiere, anche di riunioni conviviali insomma una certa idea di comunità che con il cambiamento del parroco è andata dispersa.

Attualmente le cose sembra stiano cambiando e può esserci l’occasione di ricreare la consapevolezza di una Chiesa che vada vissuta in modo più comunitario. Infatti la presenza eccezionale per questa parrocchia, di oltre 40 ragazzi (due anni fa ce ne erano 5) aiuta a creare con le nuove famiglie che vivono per lo meno una presenza litrgico-catechetica, la possibilità di offrire un cammino comunitario.

La funzione provvisoria, ma necessaria, del Parroco che in questa novità ha dovuto fare il catechista si è certamente rivelata come un occasione maggiore per una conoscenza approfondita sia dei bambini che delle loro famiglie, ed insieme si è cercato di avere occasioni di incontro formativo e anche conviviale e tutto ciò aiuta a fare comunione.

Di contro, la presenza di Rettorie all’interno della Parrocchia paradossalmente complica l’aggregazione dei parrocchiani, anche perché, avendo la possibilità in ogni orario di poter andare a Messa si disgrega la presenza dei fedeli nel momento maggiore dell’espressione comunitaria, la Messa Domenicale.

Forse bisognerebbe partire dall’idea di creare comunità tra le singole realtà ecclesiali del territorio e dare segni tangibili di unità e comunione. In verità qualche tentativo in questi due anni è stato fatto e per lo meno con la rettoria di Gesù e Maria posta a pochi metri dalla nostra Chiesa siamo riusciti a vivere comunitariamente la Veglia Pasquale. Ma ci sono altre realtà che di fatto sono parrocchia, all’interno della Parrocchia

Altra difficoltà che si è notata è il cambiamento radicale che il rione ha avuto negli anni. Si è passati da oltre dieci mila abitanti (parliamo di 50 anni fa) a circa 1.200. Ed anche questi nel tempo hanno avuto una rotazione di non poco conto. E molti di questi nei fine settimana vanno presso la seconda casa per uscire dal caos cittadino.

Certo che la Domenica è il momento principale della Comunione, ma con i presupposti ci sono notevoli difficoltà.

Una maggiore conoscenza tra gli stessi membri della comunità potrebbe favorire la creazione di una base per formare comunità. In realtà non ci si conosce, e quindi non si ha ancora la consapevolezza di cosa significhi ‘fare comunità’, non si sa, se e cosa condividere, non si è abituati a condividere.

Ci sono otre la Messa Domenicale, occasioni di incontro sia Liturgico, sia con l’adorazione del primo venerdì del mese, sia catechetico per gli adulti, con incontri serali sull’approfondimento della Parola di Dio, sia Caritativi, con iniziative ed incontri del Gruppo della San Vincenzo, ma tutto ciò ancora è molto circoscritto ad un piccolo nucleo di persone.

Un ulteriore riflessione è data poi dalla presenza di Parrocchiani di elezione che frequentano abitualmente la Liturgia domenicale e che vengono da zone diverse della nostra città.

Certo la loro presenza è costante ma il fatto che non vivono fisicamente nella nostra Parrocchia rende la loro partecipazione ad altri momenti di vita comunitaria molto difficile.

Ultima considerazione è data da coloro che venendo come turisti a Roma partecipano alla nostra celebrazione. Certamente l’unica testimonianza che sempre più dovremo dare è di una comunità che accoglie e che sappia dare la passibilità di celebrare L’amore del Signore nei Sacramenti (Eucaristia e Penitenza).

Nel primo giorno del convegno prevalentemente ci sono state due relazioni: quella del Papa, che ha presieduto il convegno e quella di don Enrico Feroci che ha dato linee quida per il lavoro che si è svolto nelle prefetture.

Il Lavoro delle prefetture poi è sfociato in una sintesi per i vari settori. Quella presentata relativa alla nostro mi sembra molto vicina alla nostra realtà.
La ritengo importante per un ulteriore verifica e progetttazione della nostra comunità parrocchiale

SINTESI DELLE RELAZIONI DELLE PREFETTURE
DEL SETTORE CENTRO


§ Nei diversi incontri di Prefettura si è registrato uno “spirito sinodale”, la voglia di condividere le esperienze, le ricchezze ed affrontare assieme i problemi della Chiesa di Roma. Nel centro storico vi è una foltissima presenza e frammentazione di diversi soggetti ecclesiali. La chiesa non vuole contribuire allo smantellamento del centro, ridotto a luogo di passaggio, a museo, causa di un impoverimento umano di tutta la città, che non può vivere senza un cuore.

§ La verifica, scelta di per sé coraggiosa, non si svolge in astratto, ma collocata nel particolare contesto religioso, umano e socio-culturale della città e del centro storico nello specifico. In questo senso una fotografia più precisa delle diverse realtà ed anche la disponibilità di dati per quantificare i problemi può essere molto utile per un quadro di insieme dei numerosi frammenti del centro, dove passano tanti fili della vita dell’intera città, sia civile che ecclesiastica.

§ Nel Centro ogni giorno si muovono e quindi vivono centinaia e centinaia di migliaia di persone, molti in realtà senza alcuna appartenenza, nomadi in città, con un rapporto con il territorio allentato. Per molti la vicenda umana si gioca su più territori, sia geografici che antropologici. Il Centro, quindi, non è marginale nella verifica, pur considerando l’evidente esiguità di persone che vi abitano e per comunità poco numerose. Il dono della pluralità di realtà ecclesiali extraparrocchiali (Movimenti, Rettorie, Istituti, etc.), possono offrire riferimenti importanti, “personali” in una vita dell’uomo della nostra città spesso frantumata, anonima, con appartenenze molto volatili, individualizzata.

§ Nel Centro l’appartenenza ai diversi luoghi è piuttosto di elezione, appartenenza che supera il solo riferimento territoriale. La presenza di tanti soggetti diversi non può essere vista come l’inizio concreto di quelle “piccole comunità” di cui palava Papa Benedetto XVI, articolazione certamente più efficace per una pastorale di insieme e per una presenza credibile nei diversi ambienti?

§ Molti hanno indicato per il Settore Centro la via dell’accoglienza come prioritaria. Nel clima di insicurezza umana che oggi si respira, accresciuto dalle conseguenze della crisi economica, l’incontro con una comunità accogliente e con persone pronte all’ascolto risponde a una domanda di certezze e di umanità, domanda che appartiene tanto agli italiani quanto agli stranieri. C’è bisogno di persone buone e amiche che sappiano dare speranza, e quindi di luoghi aperti, anche fisicamente.
§ In questo cammino di dieci anni si è notata un’accresciuta esigenza di appartenenza, che si percepisce dalla diretta richiesta della gente, che vuol essere parte attiva della pastorale. Contemporaneamente si registra la situazione di molti “battezzati” che hanno perso la strada. La corresponsabilità diventa un’esigenza per tentare di recuperare coloro che mostrano una fede attualmente labile. Molti hanno ricordato come la chiesa è vista come quella dei “no” e come è anche è molto diffusa la differenza tra credere in Cristo e non nella Chiesa. La verifica può anche offrire l’opportunità per dare un’immagine di Chiesa che non parla sempre ex cathedra, ma è alla ricerca di autenticità, vicina alla gente.

§ E’ stata recepita l’indicazione di una discussione onesta. Anche per questo il metodo di lavoro per l’anno prossimo è fondamentale perché il confronto non sia dispersivo o di pochi. I laici sono stati coinvolti per la prima volta con il Convegno e non possono assistere ad una discussione, ma esserne protagonisti.

§ Alcuni hanno evidenziato come “appartenenza” (Chiesa popolo di Dio) e “partecipazione” (testimonianza attiva nella comunità e fuori di essa) non sono sinonimi e, pur essendo tra loro collegati, non lo sono in maniera evidente.

§ Occorrerà approfondire la verifica sui Consigli di Partecipazione ( da tutti ritenuti importanti anche se alcuni li hanno descritti come esercizio inutile, di scarsa vera corresponsabilità perché “tanto decide il parroco”). E’ certamente da verificare e potenziare, considerandola loro presenza e diffusione, il rapporto con i tanti istituti religiosi. Alcuni hanno suggerito di realizzare anche un Consiglio Pastorale di Prefettura.

§ Una delle verifiche avvertite come necessaria è quella circa una Pastorale di Comunione, integrata, fondamentale per le caratteristiche del centro storico, considerando come il territorio è un riferimento relativo. Alcuni hanno registrato una partecipazione numericamente più significativa dei movimenti rispetto alle realtà parrocchiali, anche nella qualità degli interventi. Gli interventi delle parrocchie puntano sul concentrarsi delle difficoltà, mentre gli interventi proposti dai movimenti danno maggior spazio all’idea di una programmazione “ di attacco”.

§ Certamente è ipotizzabile il Centro come un laboratorio della comunione, a cominciare dall’accoglienza, intesa sia ad intra, (cioé verso gli altri soggetti ecclesiali di tutta la città) sia ad extra. Dall’accoglienza verso chiunque, nasce una frequentazione più assidua, un’adeguata formazione fino al coinvolgimento nelle attività pastorali. La disponibilità dei luoghi (che impone anche la conservazione dei beni ecclesiastici perché non siano alienati nelle finalità!), deve esprimersi in maniera molto concreta. Tutto questo presuppone anche un atteggiamento favorevole da parte delle persone che si avvicinano alla parrocchia e tanto entusiasmo da parte degli operatori.

§ La missione cittadina è stata un grande momento di appartenenza e corresponsabilità, (tanto che molti hanno parlato di nostalgia!), proprio perché metteva insieme carismi diversi in una preoccupazione ad extra, in una priorità pastorale che rende facile il superamento dei tanti piccoli steccati o le incapacità di lavorare insieme, altrimenti molto frequenti e trasversali.

§ I laici devono svolgere un ruolo attori e non da comprimari all’interno della Chiesa. La corresponsabilità, quindi, suppone anche la disponibilità di ascolto da parte di pastori che, pur conservando il loro ruolo di guide, potrebbero ricevere proprio dai laici indicazioni e suggerimenti importanti. È proprio dei laici aiutare la gerarchia a leggere i segni dei tempi proprio perché vivono nel mondo e ne conoscono maggiormente i meccanismi. Molti hanno ripreso l’invito del Papa perché i laici non siano collaboratori, ma corresponsabili, superando sia la tendenza lamentosa, sindacale, del laicato oppure una certa “timidezza”, per pudore della mancanza di conoscenza teologica, nei confronti di coloro i quali amministrano la chiesa. La verifica non potrà prescindere da questo.

§ Si è sottolineata anche l’importanza dell’accoglienza delle varie identità etniche e religiose, tanto più in un clima di razzismo e intolleranza che cresce nella nostra società. Gli immigrati che bussano alle porte delle nostre città sono non solo una risorsa, ma parte viva della nostra Chiesa. L’accoglienza ha avvicinato molti al Vangelo, come ad esempio quello che è avvenuto con i cinesi. La presenza di molte Chiese Nazionali offre, se ben valorizzate, importanti opportunità per tutta la Chiesa di Roma.

§ Accoglienza è anche una pastorale culturale e dell’arte, che ha avuto un certo sviluppo anche se ancora insufficiente, per una valorizzazione della ricchezza presente nelle chiese del centro storico. Questa ha contribuito per molti ad iniziare un cammino culturale-religioso non fine a se stesso ma aperto ad un senso di appartenenza ecclesiale.

§ Accoglienza significa anche momenti di preghiera, momenti di incontro e riflessione aperti a tutti, in una fascia oraria non tradizionale e comoda per chi lavora. In questo senso molti hanno parlato del personale amministrativo che ogni giorno vive nel centro, che lavora negli uffici e nei negozi. Occorre approfondire una pastorale di insieme con le Rettorie e con la Pastorale Universitaria e Giovanile, considerando il numero di ragazzi che transitano al Centro. La testimonianza cristiana nel luogo di lavoro o altrove, ha potuto coinvolgere nella preghiera e nella vita della Comunità colleghi, conoscenti o persone incontrate casualmente. La vicinanza nelle difficoltà o l’attenzione a chi s’interroga sul senso della vita, sulla sofferenza, sulla forza del male, hanno avvicinato alla preghiera (ad es. quelle nei luoghi di lavoro o negli ospedali) anche persone non credenti e dato avvio ad un itinerario di fede.

§ Molti hanno ricordato come la cura della celebrazione dell’Eucaristia, la riflessione della parola attenta e coinvolgente, il tutto accompagnato da altri segni liturgico-pastorali, creano comunione e appartenenza ecclesiale. Alcune parrocchie e chiese recitano tutti i giorni le lodi e il vespro e sempre più diffusa è l’Adorazione Eucaristica. I molti itinerari già in atto confermano nella scelta della Lectio Divina come prioritaria.

§ In tanti hanno parlato dell’importanza della Carità. Molte delle Mense ricordate da Mons. Feroci nella sua relazione sono proprio al Centro (Caritas, Sant’Egidio, Circolo di San Pietro) e rappresentano luoghi di aiuto per tutti, segni concreti di amore per la città e per i più poveri, segni tanto necessari e che coinvolgono moltissimi volontari. I cristiani si riconoscono dall’amore per i poveri. Se una comunità cristiana non testimonia l’amore manca di qualcosa di essenziale per la propria esistenza. La carità, evidentemente, non è da intendersi soltanto come aiuto al prossimo, ma come dimensione che coinvolge tutta la Comunità ecclesiale nella scelta di vivere la compassione del Buon Samaritano verso l’uomo che incontra per curare le ferite materiali e spirituali, come ci ha chiesto il Papa.

§ E’ emerso il desiderio di continuare ad incontrarsi ed il suggerimento che la Prefettura sia uno degli ambiti dove si realizzi la verifica appena iniziata.

§ Ecco, viviamo secondo l’indicazione dell’Apostolo Paolo: “State sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono”.(I Tessalonicesi 5,20-21). Esaminiamo ogni cosa, teniamo ciò che è buono.