lunedì 26 novembre 2012

La salute non è «una merce»






Nel 2010 scrivevo sul Blog, ascoltando la Manovra economica illustrata dall'Onorevole Tremonti:
Noi sacerdoti non dobbiamo certo far politica, ma non possiamo disinteressarci o riflettere su ciò che è proprio dell'uomo e che riguarda i suoi problemi e le scelte che si fanno per la sua vita.
Riflettevo sulla manovra economica che in questi giorni oggetto di discussione e di come anche questa volta, almeno per certi aspetti, si faccia pagare un alto tributo a chi è debole e non ha voce.
Voglio solo soffermarmi su un aspetto: quello dell'invalidità civile.
Si vuole portare all'85% la percentuale d'invalidità che possa usufruire di qualche beneficio.
Ho ascoltato il ministro Tremonti mentre presentava la manovra. E la mia attenzione è stata catturata proprio quando illustrava la 'stretta' che si doveva attuare su questo 'capitolo'.
Il ministro parlava di 'Manica larga' del passato.
Allora vorrei porgli delle domande:
Intendeva parlare del falsi invalidi? Di persone che hanno ricevuto senza diritto denaro pubblico?
O intendeva dire che dare 'il sussidio', perchè di questo si tratta, a persone invalide al 75% sia una cosa esagerata?
Nel primo caso si dovrebbe domandare il ministro di chi è la colpa! Non certo di chi è ammalato veramente, ma di coloro che hanno attestato il falso facendo ricadere su noi tutti spese inaccettabili.
Nel secondo caso ritengo quanto, meno improprio, fare una tale affermazione.
Il sussidio è di 256 euro mensili.
E mi metto nei panni di tante Persone cui è stata riconosciuta l'invalidità al 75% ricevendo finora l'astronomica cifra di 256 euro mensili.
Solo questi!!!
Un conto è un sussidio ad una persona che già possiede lavoro, casa e stipendio. Un conto è chi ha solo 'questo'!
E 'questo' viene chiamato dal ministro 'agire di manica larga'.
E siccome si è stati di manica larga, a questa categoria debole, viene tolto anche 'questo'!

Il Papa lo scorso 17 novembre ha affermato con forza:
La salute non è «una merce», e la crisi economica non la deve ridurre a un «bene solo per pochi».
In televisione continuano a farci vedere storie di ‘falsi invalidi’ quasi ad indurci all’idea che, quanti mostrano di patire gravi sofferenze, in realtà ‘nascondono’ qualcosa, o vogliono esser di peso alla comunità sociale e quindi arrecano danno alle nostre tasche.
Non fanno mai vedere le storie di tante persone, disabili, anziane, affette da gravi patologie che devono penare non poco per ottenere ciò che è giusto, e vengono sballottate da un ufficio all’altro con mancanza di informazione o comunicazione poco corretta.
Ce ne sono molte di storie. Poi quando ti capita qualcuno, che conosci, a te vicino, allora ti si stringe il cuore e non sai cosa fare.
Mi faccio, ora, voce di una situazione molto delicata riguardante una persona che conosco, ormai, da oltre una decina di anni. Il suo nome è ROBERTO alla soglia dei 40 anni. Questo giovane uomo dall’adolescenza è affetto da gravi malattie degeneranti all’apparato renale. Sottoposto a sette interventi chirurgici attualmente vive con una deviazione dell’uretra per espletare le funzioni urinarie, con una ferita sempre aperta e fonte di continue infezioni. Tale condizione che procura continuamente febbre e dolori ed impossibilità di procurarsi un qualsiasi lavoro per vivere, lo ha portato ad uno stato di depressione e prostrazione, tanto da dover ricorrere alle cure del CIM. Non ha una famiglia in grado di supportarlo economicamente solo la anziana mamma e spesso si trova ospite in una parrocchia dell’Umbria. Anni fa gli è stata riconosciuta l’invalidità civile, 256 euro mensili, che dopo due anni è stata revocata perché ‘revedibile’. Lo Stato in queste situazioni viene incontro con contagocce;  ma la burocrazia, per ricominciare la pratica di invalidità e la relativa conferma di questo ‘misero contributo’, è lunghissima. Da quasi due anni non ha alcun aiuto, se non quello che posso dargli ogni tanto, secondo le mie possibilità.
In questo periodo, in cui non ha percepito nulla è stato diverse volte in ospedale per febbri altissime dovute alla sua patologia e alla sua ferita sempre aperta.
Almeno una volta ha rischiato la setticemia. E gli antibiotici per curarlo stanno sempre più perdendo effetto.
Sette mesi fa. In un periodo di relativa calma, ha ripresentato la domanda per l’invalidità presso un CAF. Gli hanno detto che sarebbero passate alcune settimane e poi avrebbe ricevuto la raccomandata o SMS per la visita.
Ma nessuno lo ha chiamato.
Allora il mese scorso ha ricontattato il CAF, che lavandosene le mani gli ha detto ‘ perché non sei venuto prima?’. Gli hanno detto che lo avrebbero richiamato. Ma nulla.
Allora attraverso un assistente sociale gli è stato comunicato che la vecchia pratica non è stata chiusa perché non si è presentato a seguito di ‘una raccomandata’ che lui non ha mai ricevuto e quindi la nuova domanda di sette mesi fa è stata ‘cestinata’. E non ne può aprire un'altra. Ma lo mandano da una parte all’altra per chiudere la prima.
Ma chi aiuta questa persona che è malata in questo caos? Ma perché se c’è qualcuno che sbaglia pagano sempre i poveri? A che serve il servizio sociale? La sua disperazione è entrata in un baratro. La depressione si accentua sempre di più. Ma chi non sarebbe depresso?
Sono tante domande che lui, come tante altre persone nella sua situazione, si pongono.
E me le pongo anche io. E non so dare una risposta.