giovedì 3 ottobre 2013

Il miracolo della Madonna dei Miracoli



Questo articolo è stato dalla nostra amica FRANCESCA DI CASTRO su VOCE ROMANA, Rivista bimestrale di Cultura, Poesia, Dialetto, Arte e Tradizione Popolare, sul numero 23 settembre-orrobre 2013, Fondato da GIORGIO CARPANETO, Direttore SANDRO DI BARI.



Il miracolo della Madonna dei Miracoli
di Francesca Di Castro

Era un’immagine sacra che ornava le mura di Roma lì dove si affacciavano sulle acque del Tevere all’altezza di via della Penna, un’immagine della Vergine che teneramente stringeva una manina del Bambino Gesù contro il suo cuore.  Con la sua presenza e il suo perenne lumino acceso proteggeva la gente semplice che alla fine del Quattrocento frequentava il Fiume per le tante attività ad esso connesse. Qui era il porto della legna, qui transitavano i barconi carichi di vino, d’olio e di derrate alimentari provenienti dalla Sabina e diretti al porto di Ripetta lì vicino, qui si riunivano le lavandaie, come le prostitute, i pellegrini che provenivano dal Nord come gli artisti e gli avventurieri.
Qui nell’ottobre del 1525, un bambino di sette anni cadde nel Fiume e la corrente lo portò via. La madre disperata rivolse lo sguardo all’immagine sacra e qualcuno riuscì a salvare il bambino. La notizia del miracolo si diffuse immediatamente in città e l’immagine sacra cominciò ad essere oggetto di culto. Per proteggerla dalle intemperie e dalla furia della piena del Tevere, in quello stesso anno fu costruita una cappella addossata alle stesse mura, che affacciava sulla “strada che va da la Penna a la Madona del Popolo dietro le mura”, come indica la pianta cinquecentesca tratta dal “Libro delle Piante delle case libere di S. Giacomo degli Incurabili”, costudita presso l’Archivio di Stato di Roma.
La cappellina è riportata già nella pianta del Bufalini (1551) e in quella del Tempesta (1593) che la indica come S. Maria Mirac(ulorum). In seguito verrà affidata da Clemente VII all’Ospedale di S. Giacomo degli Incurabili e presso la cappellina troverà alloggio S. Camillo de Lellis che in quegli anni si prodigava nelle cure degli infermi e dei malati di “mal gallico” nell’ospedale. Fu lui che ottenne nel 1585 che l’immagine miracolosa fosse trasferita all’interno del nosocomio da dove verrà nuovamente spostata nel 1598 per trovare definitiva e degna dimora nella costruenda chiesa di S. Giacomo in Augusta, voluta dal Cardinale Antonio Maria Salviati che già aveva provveduto all’intera ristrutturazione dell’ospedale. Quello stesso Cardinale – che morirà pochi mesi prima della consacrazione della chiesa nel 1602 – che con grande spirito munifico e lungimiranza lasciò per volontà testamentaria molte sue proprietà all’Arciconfraternita di S. Giacomo per permetterne nel tempo l’autosufficienza, grazie ad un’amministrazione oculata e severa e a un rigido sistema di rinvestimenti immediati dei profitti. E per assicurare un futuro “infinito” alla sua opera, vincolò la donazione alla clausula “che tutti i beni e i diritti da lui stesso donati (…) in alcun modo possano essere venduti, ceduti, ipotecati (…); né possano a chiunque altro essere trasferiti, dati in enfiteusi o affittati, anche con il pretesto di qualsiasi necessità o utilità.”.
Dopo 406 anni – come sappiamo – il 31 ottobre 2008, l’allora Presidente della Regione Marrazzo chiuse con intervento della forza pubblica un ospedale funzionale, attivissimo e d’importanza strategica che era stato al servizio della collettività e della città di Roma per 669 anni consecutivi.
Sono passati cinque anni dalla sua chiusura e l’ospedale S. Giacomo continua a restare chiuso e inutilizzato, in abbandono e in inesorabile degrado. Cui prodest?
Servirebbe davvero un miracolo della Madonna dei Miracoli per vedere tornare alla vita la storica struttura. Nel frattempo tuttavia la sacra immagine in realtà un piccolo miracolo l’ha davvero fatto: attraverso l’opera costante e ammirevole di Don Giuseppe Trappolini, parroco di San Giacomo. Don Giuseppe, addolorato per lo stato in cui versava l’immagine e tutta la cappella arricchita dall’altorilievo marmoreo di Pierre Le Gros (1666-1719) e ornata dalle tele di Giuseppe Passeri (1654-1714), dopo vana ricerca di sponsor per il restauro, con coraggio si è impegnato in prima persona “confidando nella divina Provvidenza” e “per diffondere l’idea che insieme possiamo dare un segno, anche se piccolo, di 'rinascita', anche spirituale, con il ridare bellezza a quanto i nostri predecessori ci hanno lasciato”.
Il suo entusiasmo ha trovato l’appoggio della Soprintendente dott.a Adriana Capriotti che , con il valido aiuto di Lia….. e Daniela Caporali, ha intrapreso il restauro dell’opera.
Ormai i lavori volgono al termine, la pala marmorea e l’immagine sacra sono tornati all’antico splendore, e Don Giuseppe aggiorna puntualmente le donazioni e le offerte raccolte scrivendole in rosso sia sul suo sito sia sotto l’immagine sacra.
Mancano ancora 8.000 euro al traguardo dei 15.000 euro del lavoro eseguito, e la Provvidenza vi sta mettendo rimedio. Ma il vero miracolo è come, in risposta ai tanti signori della Regione Lazio che hanno sperperato milioni e milioni di euro fino a costringere alla chiusura uno dei più importanti e dei più efficienti ospedali di Roma, in risposta a una gestione degenerata e assurda del denaro e del Bene pubblico, un semplice parroco, un uomo gentile e coerente, s’impegna, s’appassiona, lotta e riesce a proteggere e a mettere in salvo – non per sé ma per il futuro dell’umanità – un piccolo, prezioso e unico bene della Chiesa, sicuramente sotto la protezione della Madonna dei Miracoli e con il sorriso benevolo ma severo del Cardinal Salviati.



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