venerdì 2 agosto 2013

I piccioni di San Giacomo e San Francesco





Sembrava una storia senza fine.
Oltre un mese fa, se non due, mi accorgo che pur tenendo le il finestrone che sovrasta la navata centrale della chiesa serrato, un piccione allegro svolazzata per la volta della cupola, da un cornicione ad un altro.
Il sospetto era che fosse entrato dal portone d’ingresso  aperto, cosa difficile, ma possibile.
Di sera mando il povero padre Zè ad aprire il finestrone e con gran sollievo vedo che il piccione esce velocemente.
La mattina successiva i piccioni erano due. Spensierati volteggiavano da un cornicione ad un altro della cupola animando vivacemente la ‘disputa in Paradiso’ del Capponi.
Un altro sospetto diveniva realtà: dopo una mattinata di perlustrazioni, appostamenti, ricognizioni interne ed esterne con il binocolo avevamo appurato che  i piccioni avevano trovato un’apertura, da un vetro rotto del lucernario di destra. E non solo, ma altri vetri apparivano non in buono stato o lesionati.
Era una coppia di piccioni.
Abbiamo dovuto lasciare il finestrone aperto per evitare quanti più danni possibili. Evidentemente era una coppia molto unita e ‘gelosa’: ho assistito a violente cariche su qualche ‘intruso’  della loro specie che aveva osato entrare in chiesa, fino al suo allontanamento.
Nel frattempo ho dovuto ingaggiare  una ditta per sistemare la vetrata. Ma il tempo passa molto velocemente e la coppia ha avuto il tempo di fare il nido, deporre le uova, e, una bella mattina, ci siamo trovati allietati da striduli richiami di pulcini affamati.
Durante i 5 giorni della lavorazione delle vetrate i genitori si son dati ben da fare a nutrire i piccoli che, probabilmente, ben nutriti, son cresciuti in fretta. Ogni volta che entravano i genitori era una festa: e il loro battere di ali, che dimostrava  la loro felicità, si trasformava  in nubi di polvere che, accumulata in centinaia di anni, dai cornicioni scendeva in chiesa.
Nel triduo di san Giacomo è stato un tormento:  almeno due volte al giorno bisognava spolverare i banchi e pulire il pavimento. Ma abbiamo chiuso il finestrone. Erano rimasti in tre. Dopo un giorno di digiuno, appena aperto il finestrone, preso dai morsi della fame, l’ultimo genitore esce in  gran fretta.
Richiudiamo il finestrone. Rimanevano  i due piccoli ai quali era appena stato insegnato il volo e si allenavano, volteggiando  da un cornicione all’altro.
Quattro giorni di volo e di gran fame non potendo trovare, credo, il modo per  mangiare o bere. Sempre vicini, in coppia, ieri sera l’ ho visti stremati ed hanno iniziato a scendere di altezza, arrivando nel presbiterio ed appoggiandosi anche sulla croce del tabernacolo del Maderno.
Attendevo che si appoggiassero su pavimento per sfinimento.
Ma nulla. Anche stamattina, se pur stremati li ho visti volteggiare tra organo e candelieri, sempre uno accanto all’altro. Poi mi accorgo che tutti e due si infilano in un finestrone aperto del presbiterio con la rete di protezione esterna.
Eccoli lì. Ci siamo! Velocemente chiudo il finestrone e rimangono intrappolati tutti e due all’esterno: tra il vetro chiuso e la rete.
Sistemati. Occhio non vede, cuore non duole.
Ma…..  mi doleva eccome. Immaginavo la sofferenza dei due pulcinotti, in un angusto spazio, sotto i raggi del sole cocente. Quale terribile fine!
Non ce l’ho fatta. Neanche una ventina di minuti ho riaperto la finestra.
Immediatamente risaliti mi guardavano quasi per ringraziarmi.
‘E sia. Sarà quel che sarà.’
Nel frattempo sono andato  in ufficio per preparare l’avviso della Perdonanza di Assisi.
Trovo un immagine di San Francesco da inserire e penso: ‘A san Francè…. Ma sti uccelli?’
Finito il lavoro mi affaccio in chiesa, come faccio di tanto in tanto,  per dare una sorvegliata e che vedo?
I due piccioni sono sul gradino esterno dell’entrata.
‘Non è possiblie!!!’ Di corsa, per quel che posso correre io, chiudo la vetrata. Dopo aver fatto diversi tentativi per rientrare  si son appollaiati sul davanzale della finestra di fronte alla Chiesa.
Io in piedi davanti alla porta. Mi guardavano. Non so se mi hanno odiato, ma davano l’impressione di voler rientrare. Siamo stati così per oltre mezz’ora,  quando,  un piccione in velocità, è passato tra di noi e tutti e due emettendo un verso stridulo, ancora da cuccioli, lo hanno seguito fin sopra il tetto della Chiesa e liberi si son librati nell’aria. Era un genitore? Hanno seguito un loro simile?  Non so. Ma …… benedetto sia  San Francesco.